La discriminazione nel settore immobiliare in Italia rappresenta una problematica di grande rilievo sociale. Numerose persone, tra cui stranieri e membri di minoranze etniche, si trovano spesso a dover affrontare ostacoli significativi nell’accesso a soluzioni abitative a causa di pregiudizi profondamente radicati. Ma cosa intendiamo esattamente quando parliamo di questo fenomeno?
Che cos’è la discriminazione immobiliare
La discriminazione immobiliare si manifesta quando una persona viene trattata in modo ingiusto o svantaggioso nell’accesso alla casa o ad altri beni immobili, sulla base di caratteristiche personali come l’origine etnica, la nazionalità , la religione, l’orientamento sessuale, il genere, la disabilità o altri fattori individuali. Questo tipo di discriminazione può assumere forme diverse e colpire vari gruppi sociali, limitando le loro possibilità di trovare un alloggio dignitoso.

Tra gli esempi più evidenti di discriminazione immobiliare troviamo il caso di proprietari che rifiutano di affittare un appartamento a persone straniere, anche quando queste presentano un contratto di lavoro regolare e adeguate garanzie. Un altro esempio riguarda le agenzie immobiliari che propongono immobili di qualità inferiore a clienti stranieri o a persone con la pelle scura, rispetto a quanto offerto ad altri potenziali inquilini.
La discriminazione può inoltre manifestarsi quando vengono richieste cauzioni o garanzie più elevate a cittadini non italiani o appartenenti a minoranze, oppure quando regolamenti condominiali o bandi comunali escludono indirettamente determinati gruppi sociali, imponendo requisiti che solo gli italiani possono soddisfare.
La discriminazione immobiliare è legale?
Naturalmente, la discriminazione immobiliare è vietata dalla legge. La normativa italiana, così come quella europea, proibisce in modo esplicito qualsiasi forma di discriminazione nell’accesso alla casa. Chi subisce comportamenti discriminatori ha il diritto di denunciare l’accaduto e, in alcuni casi, può ottenere anche un risarcimento. L’abitazione, infatti, è riconosciuta come un diritto fondamentale.

Negare l’accesso a una casa per motivi discriminatori non significa soltanto privare una persona di un tetto, ma contribuisce anche a creare emarginazione e a limitare opportunità di lavoro, istruzione e integrazione sociale. Proprio per questo motivo, tali comportamenti sono considerati illegali e perseguibili.
Oltre a essere moralmente inaccettabile, la discriminazione immobiliare – come ogni altra forma di discriminazione – è dunque contraria alla legge. In questi casi è possibile sporgere denuncia e, in determinate circostanze, ottenere un risarcimento. Vediamo ora quali sono stati i casi più rilevanti in Italia e come lo Stato si è attivato per contrastare queste situazioni.
Iniziative istituzionali: ecco cosa ha fatto lo Stato
Per affrontare in modo concreto questa problematica, è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) e la Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali (FIAIP). Questo accordo ha l’obiettivo di prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione nel settore immobiliare, dove il fenomeno risulta ancora molto diffuso.

Tra le principali azioni previste dal protocollo figurano attività di formazione e aggiornamento rivolte agli agenti immobiliari, finalizzate a promuovere una maggiore consapevolezza sugli strumenti normativi e sulle strategie di contrasto alla discriminazione. Sono state inoltre avviate campagne di sensibilizzazione e informazione, volte a diffondere una cultura del rispetto e dell’inclusione.
Queste iniziative sono state indirizzate sia agli operatori del settore sia ai cittadini, con l’obiettivo di prevenire comportamenti xenofobi o discriminatori e di promuovere la conoscenza dei diritti. Sono state avviate anche collaborazioni e progetti specifici per migliorare la comprensione e la gestione del fenomeno.
Quali sono stati i casi più gravi?
In Italia si sono verificati diversi casi di discriminazione immobiliare. Un esempio significativo è il caso Maam a Roma nel 2018, quando il tribunale civile della capitale ha condannato il Ministero dell’Interno a un risarcimento di quasi 28 milioni di euro a favore della società proprietaria dell’ex salumificio Fiorucci.

Un altro caso emblematico riguarda il Comune di Bolgare nel 2014, dove il tribunale di Bergamo ha dichiarato discriminatoria la decisione dell’amministrazione comunale di aumentare il costo del certificato di idoneità alloggiativa da 30 a 500 euro, colpendo in modo particolare i cittadini stranieri. Questa delibera è stata successivamente revocata, riconoscendo così l’ingiustizia subita.
Nonostante la strada da percorrere sia ancora lunga, i segnali di cambiamento sono incoraggianti. I recenti pronunciamenti giuridici che hanno fatto giurisprudenza dimostrano che le istituzioni stanno iniziando ad affrontare il problema in modo più deciso. L’Italia, sempre più multietnica, deve garantire il diritto alla casa a tutti i suoi cittadini, senza alcuna discriminazione.